CrOSSBOW
Smart COmmunitieS and Social challenges – a Bridge Over the World
POR Campania FERS 2007-2013
progetto-crossbow.it
Per STRESS, proporsi quale elemento qualificante per una filiera complessa come quella delle costruzioni significa agire in sinergia con i principali stakeholders presenti sul territorio e proiettare le proprie iniziative, da una scala regionale ad una nazionale ed internazionale. Per questo la Società ha cercato sempre di porsi al centro di un network composto da Università, centri di ricerca, imprese e associazioni di categoria con l’obiettivo di mettere in campo attività operative atte a facilitare quei processi di diffusione delle tecnologie sviluppate nei progetti di ricerca e di creazione di nuove opportunità.
Attraverso il progetto “CrOSSBOW” il Distretto STRESS si è prefissato quindi l’obiettivo strategico di potenziare gli strumenti di dialogo permanente e di cooperazione con operatori scientifici e produttivi presenti sul territorio estero, soprattutto extra-europeo.
Con il progetto CrOSSBOW è stata infatti colta l'opportunità, supportata dalla Regione Campania, di delineare quelle traiettorie tecnologiche, “dei ponti”, necessari a guardare oltre confine e oltre la congiuntura nazionale per esportare l'innovazione tecnologica prodotta e, al contempo, individuare dei benchmark cui far riferimento per indirizzare le nuove linee di ricerca mutuando le esperienze che potranno provenire, favorendo azioni di incoming, da processi di cross-pollination.
Nella definizione della scientific research agenda, obiettivo di CrOSSBOW, STRESS è stata affiancata dalla STS e dalla Deloitte Consulting che hanno contribuito a delineare mappe strategiche e individuare i paesi target in cui poter esportare quell’innovazione che il mondo della ricerca ha prodotto in questi anni e che il mondo imprenditoriale ritiene pronta per una fase di “industrializzazione”.
Il foresight tecnologico è uno strumento a supporto della formulazione strategica di politiche di medio-lungo termine in campo scientifico, tecnologico e innovativo. In estrema sintesi, può essere definito come la scienza che aiuta a immaginare il futuro – evidenziando una rosa di futuri possibili - e a prepararsi ad affrontarlo. Si tratta dell’esercizio collettivo di una comunità nella costruzione di una visione del futuro al fine di orientare le scelte strategiche per il proprio riposizionamento come quello di nazioni, regioni o singole imprese nel panorama mondiale. In particolare, in campo tecnologico la possibilità di prevedere lo sviluppo, sia in termini di capacità evolutive della ricerca, sia in termini di aumento dei bisogni, ha notevoli risvolti economici e sociali.
Le finalità di uno studio di Foresight Tecnologico possono essere molteplici, tra le più rilevanti, che hanno caratterizzato lo studio qui presentato, elenchiamo:
- Definire le priorità di ricerca e sviluppo sulle quali incentrare le attività del Distretto e le nuove aree tecnologiche sulle quali applicarsi.
- Individuazione delle variabili e delle metriche per seguire l’evoluzione delle tecnologie e monitorare le alternative nel tempo e quindi identificare le direzioni di sviluppo più promettenti di alcune tecnologie specifiche.
- Definire il posizionamento competitivo del distretto in termini di produzione tecnologica.
Di seguito viene proposta una panoramica riassuntiva delle principali attività svolte nell’ambito del foresight tecnologico suddivise per i tre livelli di analisi che contraddistinguono il Report di internazionalizzazione.
Tramite l’analisi dei questionari e i dati ricavati dalle interviste dirette ai consorziati si sono definiti i quattro maggiori ambiti di attività del Distretto STRESS.
All’interno di ogni campo di attività sono identificate le tecnologie maggiormente sviluppate dai consorziati di STRESS.
Attraverso l’incrocio dell’offerta tecnologica (technology push) del Distretto e della domanda tecnologica (demand pull) dei Paesi identificati come target si è ottenuto il posizionamento competitivo del Distretto per ognuno di campi di attività.
A partire dall’offerta tecnologica e dalla propensione dei consorziati risultante dall’analisi dei questionari e delle interviste dirette, si sono identificati gli ambiti di maggiore potenzialità innovativa per il Distretto.
Le strategie di entrata nei mercati esteri ruotano intorno ad una serie di elementi chiave che caratterizzano l’impresa. Innanzitutto, la scelta della strategia da adottare dipenderà in larga misura dalla specificità del business dell’impresa stessa, nonché dalle caratteristiche del segmento di mercato nel quale opera. Ciò, inoltre, sarà strettamente connesso anche con alcuni fattori contingenti l’impresa, quali il livello di tecnologie e know-how posseduto, i vantaggi dimensionali capaci di acquisire e la natura del suo processo produttivo. Nella definizione della strategia di internazionalizzazione, l’impresa dovrà poi, tener conto delle peculiarità dei suoi clienti attuali e di quelli potenziali, delle caratteristiche dei canali di distribuzione dei paesi nei quali intende internazionalizzarsi, nonché della sua capacità di coordinamento tra le varie attività produttive lungo l’area geografica oggetto della sua attività. Oltre agli elementi sopra descritti, possono essere oggetto dell’analisi di internazionalizzazione anche altri fattori, utili per tracciare le possibili strategie di entrata nei mercati esteri. Tra questi, quelli che l’impresa dovrà maggiormente considerare riguardano la scelta se implementare la strategia autonomamente o in collaborazione con terzi, il livello di coinvolgimento che vuole assumere e i costi che è in grado di sostenere. Ciò, a sua volta, sarà strettamente connesso con tutti quei fattori caratterizzanti l’azienda, quali la struttura economico-finanziaria, l’assetto organizzativo e tecnico, nonché quello dimensionale.
La prima strategia di internazionalizzazione che deve essere analizzata è l’esportazione, anche se non riflette una vera e propria internazionalizzazione dell’azienda. Con l’esportazione, infatti, l’impresa non ha alcuna unità produttiva nei mercati nei quali opera. L’impresa può esportare all’estero i suoi prodotti attraverso due distinte metodologie: indiretta o diretta.
Il licensing, ovvero il cedere ad un’altra impresa il diritto di produrre i prodotti/servizi conformi ai propri dietro il pagamento di un corrispettivo fisso o variabile rappresenta una strategia di internazionalizzazione indiretta in quanto non necessariamente, per implementarla, l’impresa deve entrare in contatto con il mercato. Nonostante ciò, il licensing può essere, comunque, considerato una strategia di internazionalizzazione, poiché permette all’impresa licenziante di incominciare ad acquisire alcune informazioni di base sui mercati nei quali in futuro potrebbe incominciare ad operare direttamente.
A tale categoria appartengono diverse forme di strategie, di cui i consorzi sono le forme più rappresentative, soprattutto nelle regioni settentrionali dell’Italia. la partecipazione ad un consorzio per l’esportazione si presenta particolarmente interessante per quelle imprese che si affacciano per la prima volta sui mercati esteri, o che, comunque, non intendono stabilirvisi per lunghi periodi.
Con questo tipo di accordo, l’impresa interessata ad affermarsi in un certo Paese estero (Franchisor) concede a uno o più franchisee locali (affiliati) l’utilizzazione della propria formula organizzativa e commerciale, compreso il diritto di avvalersi del suo know-how, del suo marchio e delle sue insegne, nonché la possibilità di essere beneficiario di altre prestazioni e forme di assistenza volte a consentire che la gestione dell’affiliato avvenga nel modo più coerente possibile con l’immagine e con gli obiettivi strategici dell’affiliante.
Tale modalità esprime l’accordo per effetto del quale il produttore o distributore locale offre a un produttore o distributore estero i servizi della propria organizzazione distributiva. Tale accordo prevede due controparti: cioè l’impresa industriale di maggiori dimensioni (il carrier), già presente nel mercato estero, che si incarica della distribuzione, e l’impresa che vuole entrare nel mercato estero. L’impresa che si incarica della distribuzione nel mercato estero può scegliere il prodotto in modo che esso svolga una funzione di integrazione della gamma da essa offerta evitando problemi di sovrapposizione da prodotto. Questo accordo può risultare vantaggioso Qualora il sistema distributivo del mercato in cui si vuole entrare sia difficilmente accessibile; tuttavia il contatto con il cliente estero è solo indiretto poiché mediato dal carrier sulle cui politiche commerciali spesso il rider non può esercitare alcuna influenza.
La costituzione di una joint-venture rappresenta la strategia di internazionalizzazione che maggiormente si avvicina alla forma più estrema degli investimenti diretti. È la tipica strategia che le imprese scelgono di implementare quando il loro obiettivo è avere una stabile presenza sui mercati esteri, oppure quando la costituzione di una joint-venture rappresenta l’unica via per superare le barriere di entrata in un dato mercato. Sebbene le tipologie di joint-venture variano a seconda delle normative dei singoli paesi, in linea generale, le principali forme possono essere considerate:
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Le Equity joint-venture (Ejv),
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Le Contractual joint-venture (Cjv),
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Le Wholly Foreign-Owned Enterprise (Wfoe)
Tale è la strategia nella quale l’impresa che si internazionalizza costituisce una propria base produttiva/commerciale nei mercati nei quali intende espandersi. La costituzione di proprie filiali all’estero può essere condotta attraverso la costituzione ex novo di unità produttive, o mediante l’acquisizione di imprese già operanti sul mercato. Dal punto di vista degli obiettivi che tale strategia si prefigge di raggiungere, di norma la costituzione di filiali all’estero rappresenta la forma più stabile e coinvolgente dell’internazionalizzazione. Infatti, le imprese che decidono di presidiare direttamente i mercati esteri sono principalmente quelle imprese che si pongono obiettivi di medio-lungo termine. Inoltre, una tale strategia garantisce nel tempo il raggiungimento di una solida conoscenza dei mercati esteri, nonché lo sviluppo di un adeguato know-how che caratterizza l’intero processo di internazionalizzazione.